giovedì 22 maggio 2008

Gomorra


Un film di Matteo Garrone. Con Toni Servillo, Gianfelice Imparato, Maria Nazionale, Salvatore Cantalupo, Gigio Morra, Salvatore Abruzzese, Marco Macor, Ciro Petrone, Carmine Paternoster. Genere Drammatico, colore 135 minuti. - Produzione Italia 2008. - Distribuzione 01 Distribution

Dal 16maggio è uscito nelle sale Gomorra, il film di Matteo Garrone tratto dal libro di Roberto Saviano.
5 storie diverse, intrecciate fra loro, 5 anime di scampia che ci passano davanti e ci raccontano la loro vita: c'è Totò che aiuta la madre portando la spesa a domicilio, ma lui vuole di più, vuole stare con i grandi, con quelli che contano, e non importa se il rito di passaggio per diventare adulti è farsi sparare addosso portando un giubbotto antiproiettile, il livido sul corpo è il marchio che ci ricorda"ora sei un adulto", poi ci sono Marco e Ciro, che si sentono già grandi, è loro il quartiere, loro possono fare tutto, non hanno paura e quando poi trovano le armi di un camorrista e se ne appropriano, in quel momento diventano invincibili, ma non è così semplice, sono ancora dei ragazzi e c'è qualcuno che ha meno paura di loro, che è più grande e invincibile, scappare è impossibile se ne renderanno conto quando sarà troppo tardi, come Don Ciro, un tranquillo porta-soldi, che si trova immischiato nella guerra, gli ordini sono cambiati, il clan è diviso in due, ma come fare, la via d'uscita non c'è, puoi cambiare mestiere e poi?
E poi fai come Pasquale, lui ha cambiato lavoro, da tranquillo sarto in nero di abiti d'alta moda arriva a diventare camionista, ma dal sistema non puoi suscire, no.
E alla fine Franco, smaltitore di rifiuti tossici, ammonisce Roberto, il suo collaboratore, che lo accusa di sacrificare la vita della gente di Mondragone, per salvare degl'operai a Mestre, facendo la sintesi di tutto: Non ti credere migliore di altri. Funziona così.Non c'è niente da fare...

Un film crudo, secco, senza troppi merletti, un film bello e duro da mandar giù, Garrone sceglie solo alcune storie dal libro di Saviano, e come un burattinaio le intreccia e poi dispiaga i loro fili davanti a noi, lo filma dal vero, raccoglie ogni odore, rumore, grida, angoscia e ci dice:" guardate questa è la realtà ".
La luce non c'è mai, il sole sembra come scomparso e tutto rimane avvolto nelle tinte scure del grigio e del nuvoloso, come ad aver timore a risplendere, perchè quello che sta accadendo è buio, nero e fa paura,ma se per noi è solo un film, un film ben fatto, e in quei 135mm possiamo anche illuderci che non è reale,per qualcuno questa è la quotidianità, e quando la luce si accende e i titoli di coda scorrono, in noi qualcosa è cambiato, perchè dal materiale di Saviano, Garrone, ci accompagna in un triste girone dell'Inferno.

Il mio consiglio: Un film da vedere e poi da comprare, e da rivedere, da consigliare. Assolutamente da comprare anche il libro.
Buona visione

mercoledì 14 maggio 2008

PRESENTAZIONE LIBRI

Venerdì 23 Maggio ore 21
libreria Edison - Piazza della Repubblica - Firenze
Presentazione dei libri:
LA COSTITUZIONE SPIEGATA A MIA FIGLIA
di Giangiulio Ambrosini (Magistrato in Cassazione)
FISCO: LA COSTITUZIONE TRADITA
a cura della Fondazione Don Milani e del Circolo ARCI Andreoni
intervengono:
- Giangiulio Ambrosini
- Roberto Innocenti Torelli
- Michele Gesualdi
saranno presenti:
- Daniela Lastri Assessore P. I. Comune Firenze
- Michele Ventura Parlamentare PD
- Luca Paolucci Presidente Quartiere 2
- Tea Albini Assessore alle Risorse Comune FI

sabato 10 maggio 2008

Incontro "Democrazia di genere e diritti di uguaglianza"

In occasione del trasferimento della Mostra fotografico/documentaria “Le Madri della Repubblica.Voci e volti dell’Assemblea Costituente” presso la sede del Quartiere 2, Villa Arrivabene, p.zza Alberti, 2, Firenze, dove sarà in visione dal 5 maggio al 16 maggio p.v.., il Comitato per la difesa della Costituzione di Firenze con il Quartiere 2 hanno il piacere di invitarvi all’incontro che avrà luogo il 14 maggio 2008, ore 17, presso la sede del Quartiere 2:


Democrazia di genere e diritti di uguaglianza (art.3 ed art 51 Cost.)

Coordina
Salvatore Tassinari Comitato per la difesa della Costituzione di Firenze

Con
G. Paolucci - Presidente del Quartiere 2
A. Pescarolo - Sociologia e storia delle famiglia, Università degli studi di Firenze
Tea Albini - Politica
Luisa Petrucci - Ass. Libere Tutte
A. Povia - studiosa

Per l’ occasione sarà proiettato il documentario di A. Povia “Coscienza di sole” sul voto alle donne

giovedì 8 maggio 2008

60 anni dello Stato d'Israele

da http://digilander.libero.it/thatsthequestion/2.htm

Il 14 maggio 1948 fu proclamata la nascita dello Stato d’Israele, immediatamente riconosciuto da USA e URSS, seguiti dall’Italia e da altre nazioni. Otto ore dopo la dichiarazione di indipendenza, gli eserciti di Egitto, Iraq, Libano, Siria, Transgiordania,Yemen e Arabia Saudita invasero il territorio legale di Israele. Alla vigilia dell’invasione panaraba, ‘Abd al-Rahman Azzam Pascià, segretario generale della Lega araba, dichiarò che si sarebbe trattato di una guerra di sterminio, di un terribile massacro, paragonabile alle stragi mongole e alle Crociate. E una settimana prima dell’invasione, incontrando ad Amman un rappresentante britannico, Azzam Pascià aveva affermato: "Non importa quanti siano gli ebrei. Li ributteremo a mare" (Shlaim, 1988, p.227).

Fu così l’inizio della prima guerra arabo-israeliana, per Israele una vera e propria guerra d’indipendenza: "agli arabi di Palestina premeva di più non avere uno Stato ebraico che averne uno arabo-palestinese" (A. De Rosa, 1989, p.335). Il problema palestinese fu dunque il risultato, non la causa, del conflitto arabo-israeliano. Lo stesso Amin al-Husseini sostenne, dopo la sconfitta del 1948, che l’invasione d’Israele non ebbe mai lo scopo di "liberare la Palestina", ma fu piuttosto dettata dalle ambizioni territoriali degli Stati arabi. Né gli arabi mai pensarono di formare uno Stato palestinese nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania fino a che queste restarono in mani arabe, cioè sino al 1967 (Codovini, 1999).

I combattimenti, che durarono una quindicina di mesi e che videro da parte israeliana circa 6.000 caduti, terminarono con l’inizio dell’ultima tregua, il 7 gennaio 1949: subito dopo seguirono i negoziati per gli armistizi, sotto gli auspici delle Nazioni Unite, fra Israele e ciascuno dei paesi invasori (eccetto l’Iraq, il quale ha rifiutato fino ad oggi di negoziare con Israele). Queste trattative produssero accordi armistiziali ed una nuova geografia dello Stato ebraico: la pianura costiera, la Galilea e l’intero Negev vennero a trovarsi sotto la sovranità israeliana, Giudea e Samaria furono sotto il governo giordano e la striscia di Gaza rientrò sotto l’amministrazione egiziana. Gerusalemme venne divisa tra la Transgiordania, che ne controllava la Città Vecchia e la parte orientale, e Israele, sotto il cui controllo si trovava il settore occidentale.

Nuovi confini, ma anche vari incubi strategici: le città israeliane si trovarono entro il raggio d’azione delle artiglierie nemiche, molti villaggi vennero divisi in due e una strozzatura di una quindicina di chilometri tra la Cisgiordania e il mare rendeva Israele altamente vulnerabile.
Il problema dei 600.000 profughi palestinesi, in fuga dalle terre conquistate da Israele, fu al centro dell’attività delle Nazioni Unite, ma come disse il presidente dell’UNRWA Ralph Galloway: "Gli Stati arabi non desiderano risolvere il problema dei profughi: essi vogliono mantenerlo come una piaga aperta, un affronto contro le Nazioni Unite ed un’arma contro Israele. I leaders arabi se ne infischiano se i profughi vivano o muoiano" (Barnavi, 1998). Svanì così la prospettiva di uno Stato arabo-palestinese confinante con lo Stato d’Israele: la Cisgiordania, come s’è detto, fu annessa al regno Hashemita di Transgiordania e la striscia di Gaza all’Egitto.
Terminata la guerra d’indipendenza, Israele concentrò i propri sforzi sulla costruzione di quello Stato per la costituzione del quale il popolo ebraico aveva lottato e sulla sistemazione dei "propri" profughi, cioè di tutti quegli ebrei che fino al 1948 avevano vissuto in paesi islamici e che dopo tale data - a causa delle feroci persecuzioni antiebraiche - furono costretti ad abbandonare le proprie case e a cercare rifugio in Israele. I nuovi arrivati si stabilirono nei quartieri abbandonati dagli arabi o fondarono nuovi villaggi in regioni scarsamente popolate dell’entroterra o presso i confini.

Nei primi quattro mesi d’indipendenza raggiunsero i porti d’Israele circa 50.000 nuovi arrivati, per lo più sopravvissuti alla Shoà. Verso la fine del 1951 erano arrivate 687.000 persone: 300.000 delle quali erano profughi (analfabeti, psicologicamente traumatizzati e privi di risorse) di paesi Arabi.

Lo sforzo economico dovuto alla guerra d’indipendenza e la necessità di provvedere alla rapida crescita della popolazione resero necessaria austerità all’interno e aiuti finanziari dall’estero. L’assistenza offerta dal governo degli Stati Uniti, i prestiti di banche americane, i contributi degli ebrei della diaspora e i risarcimenti post-bellici della Germania furono usati per costruire case, meccanizzare l’agricoltura, fondare una flotta mercantile e una linea aerea nazionale, sviluppare industrie ed espandere reti stradali, di telecomunicazioni e di energia elettrica.

La prima Knesset (Parlamento, deve il suo nome e il numero dei suoi membri alla Knesseth Hagdolah, "Grande Assemblea", l’ente rappresentativo ebraico convocato a Gerusalemme da Ezra e Nehemia nel V secolo prima dell’era volgare) composta da 120 membri, si riunì dopo le elezioni nazionali del 25 gennaio 1949. David Ben Gurion venne eletto Primo Ministro e Chaim Weizman fu il primo Presidente dello Stato. L’11 maggio 1949 Israele occupò il proprio seggio in qualità di 59° membro delle Nazioni Unite.
Verso la fine del primo decennio, la produzione industriale era raddoppiata e così anche il numero delle persone impiegate, con esportazioni industriali quadruplicate. La vasta espansione di aree coltivate aveva portato all’autosufficienza nella fornitura di tutti i prodotti alimentari di base: circa 20.000 ettari di terreno per lo più desertico furono rimboschiti e vennero piantati alberi lungo quasi 800 chilometri di strade.
Quando Israele celebrò il suo decimo anniversario, la sua popolazione contava oltre due milioni di abitanti.

giovedì 1 maggio 2008

Il Primo maggio: storia e significato di una ricorrenza

Origini del Primo maggio
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese : "Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi". Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento. "Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!". Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere. Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi.In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio. In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva. Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe. Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale. In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa. "La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista". Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita: "Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti". Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo. Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".

Tra Ottocento e Novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento. Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ? Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una e dell'altra caratterizzazione.Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle", ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa. Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore.

Il ventennio fascista
Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio. Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.

Dal dopoguerra a oggi
All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo. Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio. Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa. Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio. Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti: "Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".

fonte: Cgil di Roma e del Lazio - Archivio Storico "Manuela Mezzelani"
(da recsando.it)