Il caso riguardante la revoca di Angelo Maria Petroni dal Cda (Consiglio di amministrazione) della Rai, lo "scandalo intercettazioni" che fanno trapelare accordi segreti tra Rai e Mediaset, sono un po' il nodo che viene al pettine di un problema annoso in Italia: il rapporto fra la politica e la tv. La Rai è fin dalla sua nascita uno strumento del potere politico. Fin dai suoi primi storici amministratori delegati, Filiberto Guala, Marcello Rodinò, Ettore Bernabei, lo stretto legame con i partiti è palese. La televisione Rai inizia a trasmettere nel 1954, per l'esattezza il 3 gennaio. I suoi primi anni di vita risentono di una certa influenza del partito allora al governo del nostro paese: la Dc. In sostanza fino al 1975, l'anno in cui viene approvata la legge n. 103 che consegna al parlamento il controllo del servizio pubblico, attraverso l'istituzione della Commissione parlamentare di vigilanza, la Rai è in mano al governo, alla Dc. E' infatti in quegli anni che nasce il termine "Mamma Rai". La Rai è una tv che sente forte la sua responsabilità pedagogica nei confronti del pubblico. Essere servizio pubblico allora significava "alfabetizzare" l'Italia. E l'influenza cattolica era ben visibile nelle linee guida dei programmi in onda. La volgarità era censurata nella maniera più assoluta e quelle ballerine o veline seminude che oggi sono ormai consuetudine, allora si può dire, non erano nemmeno immaginabili. La Rai - è questo un altro elemento importante da sottolineare - deteneva il monopolio televisivo.
Le cose cambiano con l'avvento nel panorama televisivo nazionale di un nuovo soggetto: Fininvest, oggi Mediaset. Non ho ora spazio per concentrarmi sul 'come' questo nuovo soggetto sia arrivato dall'ambito locale - perché da lì è partito - fino a trasmettere in ambito nazionale. Per ora ci basti sapere, ed è sotto i nostri occhi tutt'oggi, che c'è riuscito. Questa nuova realtà 'privata', che arriva ad avere lo stesso numero di reti della Rai, tre, è posseduta da una persona: Silvio Berlusconi. E' la nascita della tv commerciale. Siamo negli anni Ottanta. Un contributo fondamentale al sorgere dell'azienda, o meglio, più che al sorgere sarebbe più corretto dire al risorgere, viene dal socialista Bettino Craxi. E' lui che aiuta non solo l'azienda di Berlusconi a conquistarsi legittimità all'interno del sistema televisivo, ma aiuta lo stesso Berlusconi a fare un altro passo, quello di entrare in politica, o per usare le sue celebri parole: "scendere in campo". La presenza di Mediaset provoca dei cambiamenti notevoli. Innanzitutto viene annullato il monopolio della Rai, trasformato dall'entrata del nuovo soggetto in duopolio. Si parla anche di monopolio della Rai nel settore "pubblico" ed oligopolio di Mediaset nel settore privato. Con Mediaset quello stile ricco di valori e principii etico-morali, volto alla produzione di programmi di alta qualità, ha non dico fine, ma si attenua fortemente. Il servizio pubblico inizia una fase di declino che oggi mostra, ormai in maniera non più celabile, anche agli occhi del pubblico meno vicino alle vicende e alla storia della Rai dai suoi albori all'attualità. Un servizio pubblico che si avvicina sempre più al modello della tv commerciale, fino a rendere difficile delineare i confini fra l'uno e l'altra. L'audience diventa l'imperativo per le due aziende. La battaglia si misura sugli indici di ascolto delle due principali società del mercato televisivo. I programmi quindi non devono più cercare la qualità, devono cercare di attrarre su di sé il maggior numero possibile di spettatori. L'audience al centro. E per ora vi lascio qui cari lettori, anche se il racconto non sarebbe completo. In una prossima puntata vedremo il prosieguo della vicenda, di una vicenda, quella dell'intreccio fra televisione e politica, che è tanto una caratteristica del nostro paese, quanto una delle nostre anomalie.
Rimando per ulteriori approfondimenti ad un articolo che ho pubblicato sul giornale on-line "Borderless". Il titolo dell'articolo è: "Mamma Rai e la politica: un matrimonio indissolubile".
Questo il link: http://www.borderless.it/index.php?option=com_content&task=view&id=75&Itemid=2
Le cose cambiano con l'avvento nel panorama televisivo nazionale di un nuovo soggetto: Fininvest, oggi Mediaset. Non ho ora spazio per concentrarmi sul 'come' questo nuovo soggetto sia arrivato dall'ambito locale - perché da lì è partito - fino a trasmettere in ambito nazionale. Per ora ci basti sapere, ed è sotto i nostri occhi tutt'oggi, che c'è riuscito. Questa nuova realtà 'privata', che arriva ad avere lo stesso numero di reti della Rai, tre, è posseduta da una persona: Silvio Berlusconi. E' la nascita della tv commerciale. Siamo negli anni Ottanta. Un contributo fondamentale al sorgere dell'azienda, o meglio, più che al sorgere sarebbe più corretto dire al risorgere, viene dal socialista Bettino Craxi. E' lui che aiuta non solo l'azienda di Berlusconi a conquistarsi legittimità all'interno del sistema televisivo, ma aiuta lo stesso Berlusconi a fare un altro passo, quello di entrare in politica, o per usare le sue celebri parole: "scendere in campo". La presenza di Mediaset provoca dei cambiamenti notevoli. Innanzitutto viene annullato il monopolio della Rai, trasformato dall'entrata del nuovo soggetto in duopolio. Si parla anche di monopolio della Rai nel settore "pubblico" ed oligopolio di Mediaset nel settore privato. Con Mediaset quello stile ricco di valori e principii etico-morali, volto alla produzione di programmi di alta qualità, ha non dico fine, ma si attenua fortemente. Il servizio pubblico inizia una fase di declino che oggi mostra, ormai in maniera non più celabile, anche agli occhi del pubblico meno vicino alle vicende e alla storia della Rai dai suoi albori all'attualità. Un servizio pubblico che si avvicina sempre più al modello della tv commerciale, fino a rendere difficile delineare i confini fra l'uno e l'altra. L'audience diventa l'imperativo per le due aziende. La battaglia si misura sugli indici di ascolto delle due principali società del mercato televisivo. I programmi quindi non devono più cercare la qualità, devono cercare di attrarre su di sé il maggior numero possibile di spettatori. L'audience al centro. E per ora vi lascio qui cari lettori, anche se il racconto non sarebbe completo. In una prossima puntata vedremo il prosieguo della vicenda, di una vicenda, quella dell'intreccio fra televisione e politica, che è tanto una caratteristica del nostro paese, quanto una delle nostre anomalie.
Rimando per ulteriori approfondimenti ad un articolo che ho pubblicato sul giornale on-line "Borderless". Il titolo dell'articolo è: "Mamma Rai e la politica: un matrimonio indissolubile".
Questo il link: http://www.borderless.it/index.php?option=com_content&task=view&id=75&Itemid=2
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