Il sistema fiscale vigente nel nostro Paese non segue quelle che sono le linee guida indicate dai nostri Padri Costituenti nella Carta Costituzionale, di cui si celebrano quest'anno i sessant'anni. La situazione attuale è la stessa che c'era ai tempi dello Statuto albertino. Ovvero i redditi fissi (fessi) pagano più tasse dei redditi indipendenti. Questi ultimi hanno infatti la possibilità di scaricare l'IVA in modo del tutto legale, senza commettere reato alcuno, aumentando la loro ricchezza e quindi il loro potere d'acquisto. Già sono più ricchi dei lavoratori dipendenti, ma non basta. Con questo sistema il divario si allarga ancora di più generando inoltre la famosa evsione fiscale di cui tanto sentiamo parlare nei media. L'evasione fiscale è prodotta dai lavoratori autonomi o indipendenti che dir si voglia (artigiani, imprenditori) che in tacito accordo con il governo pagano le tasse su una parte forfetaria (non vera in quanto l'IVA la possono scaricare) e non nell'effettiva consistenza del loro reddito.
Tutto questo a danno di chi? Dei lavoratori dipendenti che invece le tasse le pagano sul loro reddito nell'effettiva consistenza.
Dov'è in tutto questo la famosa uguaglianza di cui parlavano i costituenti francesi ai tempi della rivoluzione, o i nostri stessi costituenti italiani nel 1946-47? Il sistema evidenzia piuttosto una diseguaglianza fra i contribuenti. A farne le spese (infatti la spesa la devono fare, e su quella spesa ci devono pagare l'IVA dal primo all'ultimo centesimo) sono i redditi fissi (fessi). I maggiori guadagni per lo Stato derivano dalle imposte indirette, quelle che paghiamo quando ci compriamo il pane, la frutta, o soprattutto, specie negli ultimi tempi, quando andiamo a fare la benzina.
Cosa c'è in tutto questo di costituzionale?
Per concludere andiamo a rinfrescarci la mente e rileggiamoci insieme cosa dice l'articolo 53 della nostra Costituzione.
"Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva;
Il sistema tributario è informato a criteri di progressvità".
Cosa significa progressività? Una buona spiegazione nel nostro blog è già stata fatta nel post "Storia della progressività", ma se vogliamo dirlo sinteticamente in due parole: le tasse devono aumentare in base alla ricchezza posseduta.
Tutto questo a danno di chi? Dei lavoratori dipendenti che invece le tasse le pagano sul loro reddito nell'effettiva consistenza.
Dov'è in tutto questo la famosa uguaglianza di cui parlavano i costituenti francesi ai tempi della rivoluzione, o i nostri stessi costituenti italiani nel 1946-47? Il sistema evidenzia piuttosto una diseguaglianza fra i contribuenti. A farne le spese (infatti la spesa la devono fare, e su quella spesa ci devono pagare l'IVA dal primo all'ultimo centesimo) sono i redditi fissi (fessi). I maggiori guadagni per lo Stato derivano dalle imposte indirette, quelle che paghiamo quando ci compriamo il pane, la frutta, o soprattutto, specie negli ultimi tempi, quando andiamo a fare la benzina.
Cosa c'è in tutto questo di costituzionale?
Per concludere andiamo a rinfrescarci la mente e rileggiamoci insieme cosa dice l'articolo 53 della nostra Costituzione.
"Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva;
Il sistema tributario è informato a criteri di progressvità".
Cosa significa progressività? Una buona spiegazione nel nostro blog è già stata fatta nel post "Storia della progressività", ma se vogliamo dirlo sinteticamente in due parole: le tasse devono aumentare in base alla ricchezza posseduta.
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