giovedì 2 ottobre 2008

Italia: meno soldi per la scuola. Continua il declino economico

da ansa.it

Per quel che riguarda l'università in Italia la spesa per studente è scesa da circa 7.300 euro del 2001 ai circa 6.800 nel 2005 mentre in Spagna, negli stessi anni, si è passati da circa 6.600 a 8.500 euro. E' anche questo che fa dire al sociologo Antonio De Lillo - presentando i risultati di una ricerca dell'istituto Iard sui giovani e la lettura, a Roma agli Stati generali dell'editoria - che il nostro è un Paese vecchio, con un Pil in crisi, che ha rinunciato ad investire in cultura, un Paese che sembra rassegnato al declino. In questi risultati i libri hanno un ruolo se, ogni 10 libri letti in più nei sei mesi precedenti, si determina nella scuola media superiore un aumento di 0,5 punti nel voto medio.

Non sarà un caso quindi che in Italia i giovani studenti che dimostrano difficoltà nella comprensione di testi siano il 26,4% dei quindicenni, che non vanno oltre il cosiddetto Livello 2. In Spagna e Portogallo sono il 25,5 % circa mentre in Irlanda, Danimarca, Olanda e Svezia il dato va dal 12 al 16 %.

La spesa per la Pubblica istruzione si attesta da noi, riferisce lo Iard, attorno al 4,5 %, mentre in Danimarca è l' 8,3, in Svezia il 7,0 in Francia il 5,7 e in Gran Bretagna il 5,5 %, quando i parametri e le ricerche rivelano che ogni 100 euro spesi in più per studente la percentuali di studenti in difficoltà diminuisca dello 0,3%. I consumi culturali dei giovani italiani per lo Iard rivelano che diminuisce la quota di giovani che guardano assiduamente la Tv, con ogni probabilità a favore delle nuove tecnologie (PC e internet). La lettura di libri e quotidiani non è una pratica diffusa fra i giovani, che privilegiano comunque i media audiovisivi e digitali. Il background familiare ancora influenza l'intensità e la varietà del consumo culturale.

Sono infatti le risorse culturali ed educative dei genitori a favorire o inibire l'abitudine al consumo e ad indirizzare verso percorsi culturali più complessi, sia direttamente, attraverso la disponibilità di risorse materiali, ma soprattutto indirettamente, attraverso la trasmissione dell'abitudine a consumare prodotti culturali e del gusto per la cultura. Insomma, malgrado l'Italia abbia registrato alcuni progressi in termini assoluti, come il numero dei laureati tra i 20 e 29 anni dal 13,7 % del 1998 al 31,8% del 2006, ha perso terreno nei confronti degli altri paesi europei. Oggi, conclude Antonio De Lillo, il nostro Paese si mostra indietro rispetto a molteplici indicatori: è il paese più vecchio, è l'unico paese che ha ridotto gli investimenti in istruzione, ha una delle più basse quote di laureati, ha una spesa familiare per attività culturali tra le più basse, ha un popolo che legge meno libri.

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